Nella sezione “Voci in ascolto”, diamo spazio alle esperienze e alle riflessioni di chi opera quotidianamente per proteggere i diritti dei cittadini, anche nelle condizioni più difficili. Oggi condividiamo l’intervista al Commissario per i Diritti Umani del Parlamento ucraino, Dmytro Lubinets (Ombudsman dell’Ucraina), che racconta le sfide, le strategie e le prospettive della protezione dei diritti umani nel contesto della guerra.

1. Quali sono le principali sfide che la vostra istituzione deve affrontare oggi, in condizioni difficili che richiedono grande impegno e responsabilità nella protezione dei diritti dei cittadini in Ucraina?

Oggi la nostra sfida principale come istituzione nazionale per i diritti umani è, naturalmente, l’aggressione russa. La Russia è il principale violatore dei diritti umani in Ucraina. Dal 2022 sono stati registrati quasi 200.000 crimini di guerra e crimini di aggressione.

Questo non solo viola direttamente il diritto alla vita, ma genera anche altre sfide sistemiche: il ritorno dei cittadini ucraini deportati, dei civili detenuti illegalmente e dei prigionieri di guerra.

Il diritto umanitario internazionale non riesce a frenare l’aggressore, e dobbiamo cercare costantemente la responsabilità internazionale. Ad esempio, per i bambini: dal 2014 la Federazione Russa deporta bambini ucraini, e dal 2022 questa pratica è diventata diffusa — sono stati registrati ufficialmente 19.546 casi di deportazione o spostamento forzato di bambini.

Finora, grazie all’iniziativa del Presidente ucraino “Bring Kids Back UA”, 1.777 bambini sono stati riportati in patria, ma non basta: tutti devono tornare.

Per quanto riguarda i prigionieri di guerra, il 95% è stato torturato in Russia: detenuti in condizioni inadeguate, picchiati, sottoposti a isolamento prolungato, senza cure mediche, e talvolta vittime di forme di tortura come estrazioni dentarie o infezioni deliberate.

Infine, il ritorno dei civili detenuti illegalmente rappresenta un’altra sfida evidente: il diritto internazionale non prevede meccanismi per la loro restituzione, e ogni rimpatrio richiede sforzi straordinari. Finora l’Ucraina è riuscita a riportare 6.235 cittadini, inclusi 372 civili, ma molti restano ancora in detenzione e serve maggiore supporto della comunità internazionale per fare pressione sulla Russia.

2. Come collabora l’Ufficio del Difensore Civico con le istituzioni locali e nazionali per garantire la protezione dei diritti fondamentali?

Lavoro in modo indipendente dagli altri organi dello Stato. Nell’esercizio del controllo parlamentare sul rispetto dei diritti umani, fornisco raccomandazioni alle autorità e, in caso di violazioni, avvio procedimenti affinché siano riparate.

Allo stesso tempo, interagiamo con enti centrali e locali: non è una formalità, ma uno strumento concreto per rafforzare i diritti umani anche nei momenti più difficili della guerra.

Nel campo del diritto all’informazione, monitoriamo annualmente la trasparenza delle istituzioni, con il supporto del PNUD. Organizziamo eventi formativi per rappresentanti delle autorità centrali, locali e delle istituzioni statali, e collaboriamo con Parlamento, Governo e altri enti per sviluppare legislazione equa e adatta alle sfide del conflitto.

Il nostro ufficio non solo reagisce alle violazioni, ma influenza attivamente la formazione delle politiche statali e costruisce partnership a tutti i livelli per proteggere i diritti dei cittadini.

3. Quali strumenti o strategie ritenete più efficaci per rispondere ai bisogni dei cittadini vulnerabili o in situazioni di emergenza, in particolare nelle aree a rischio bombardamenti?

La prima strategia è il monitoraggio e la documentazione delle violazioni. Rappresentanti dell’istituzione visitano le regioni colpite, registrando violazioni dei diritti di persone con disabilità, anziani, bambini e sfollati.

La seconda è la risposta rapida tramite la rete regionale dei Rappresentanti del Difensore Civico, che aiutano con evacuazione, assistenza sociale e ripristino dei documenti. Nonostante anche la rete sia sotto costante minaccia — come nel tragico bombardamento del 13 aprile 2025 a Sumy — proseguiamo con gli interventi.

Abbiamo lanciato veicoli mobili di ricezione dei cittadini, in collaborazione con il Giappone e il PNUD, operativi in punti di evacuazione e hub umanitari nel Donetsk.

Infine, fiducia e umanità: gruppi vulnerabili non sono statistiche, ma persone reali che vivono sotto bombardamenti, spesso senza elettricità o comunicazioni. Il nostro compito è dare loro voce.

4. Guardando al futuro, quali sono le prospettive e le priorità della vostra istituzione negli anni a venire, in condizioni di relativa pace?

La prima priorità è riportare i cittadini dalla cattività e dalla deportazione russa. Attualmente, 6.235 cittadini sono tornati, inclusi 372 civili e 1.777 bambini.

La seconda è ristabilire i diritti di tutti gli individui colpiti dalla guerra, documentando i crimini, cercando compensazioni e creando un sistema di assistenza statale per famiglie di prigionieri, bambini deportati, feriti e sfollati.

Un’altra priorità è ampliare la presenza regionale, garantendo accesso alla protezione legale ovunque. Inoltre, l’integrazione europea è un obiettivo strategico: cooperiamo con istituzioni UE, ENNHRI, FRA e Consiglio d’Europa per adattare il sistema ucraino alle migliori pratiche europee.

5. Come può la cooperazione internazionale aumentare l’efficacia della vostra istituzione e la protezione dei diritti umani in Ucraina?

La cooperazione internazionale ci consente di apprendere dall’esperienza europea e creare strumenti concreti per proteggere i diritti sul campo.

Ad esempio, grazie all’Estonia è stato aperto un Centro Regionale per la Protezione dei Diritti Umani a Zhytomyr, completamente rinnovato, e con il supporto della Corea del Sud e UNICEF è stato inaugurato un Centro per la Protezione dei Diritti dei Bambini a Dnipro.

Collaboriamo anche nella protezione dei dati personali, scambiando esperienze con autorità di diversi Paesi europei, come Spagna, Georgia, Estonia, Polonia, Moldova e Ungheria.

6. Avete avuto l’opportunità di conoscere il modello italiano di protezione dei diritti umani? Quali elementi vi sembrano più interessanti o utili da confrontare con il vostro lavoro?

Sì, ho avuto modo di conoscere il modello italiano, che ha una tradizione estremamente forte. In Italia i diritti umani non sono teoria, ma pratica quotidiana dello Stato: le istituzioni non reagiscono solo, ma operano in dialogo costante con la società.

Apprendiamo molto dall’esperienza del Garante per la protezione dei dati personali, soprattutto nel combinare controllo, educazione e partnership con i cittadini. Inoltre, il tema dell’intelligenza artificiale e del bilanciamento tra innovazione e privacy è rilevante anche per l’Ucraina, in piena digitalizzazione dello Stato.

7. Quale messaggio vorreste trasmettere ai cittadini italiani e ai difensori civici riguardo alla protezione dei diritti umani e alla partecipazione pubblica?

Grazie al popolo italiano e al Governo italiano: il vostro sostegno è sentito e conta davvero. I diritti umani non vivono nelle leggi, ma nelle persone che non restano indifferenti.

La nostra priorità è il destino di chi è ancora in cattività russa e dei bambini deportati: hanno bisogno della voce del mondo. Ogni azione di giornalisti, difensori dei diritti e società civile è un passo verso il loro ritorno.

In questo modo, difendete l’idea stessa di Europa, dove ogni persona ha diritto alla libertà e alla dignità. Il messaggio è semplice: restate attivi, parlate della liberazione dei prigionieri e dei bambini deportati, e chiedete giustizia per i crimini di guerra. Grazie, Italia, grazie a chi oggi è solidale con l’Ucraina.